mercoledì 13 maggio 2020

Dragon Ball come manuale di fumetto - Le onomatopee

MANUALE FUMETTO // LINGUAGGIO FUMETTISTICO // DRAGON BALL

Il Maestro Toriyama ha utilizzato in Dragon Ball varie tipologie di nuvolette: tutte con i loro perché e diversamente efficaci. Ma a rendere efficace questo lavoro sono anche le diverse scritte presenti nell'opera, come le onomatopee. Vediamo come ciò sia possibile!





Nel precedente articolo "Le nuvolette di Dragon Ball", è stato messo in luce come l'efficacia comunicativa dell'opera stia anche nel modo tramite il quale l'autore ha saputo adoperare le nuvolette con intelligenza, ovvero mediante l'utilizzo di diverse tipologie, posizionandole in un certa maniera nelle vignette e giocando con varie loro caratteristiche. Ad esempio, efficace è risultato il fatto di aver associato certe particolari carroforme a specifici personaggi, per cui abbiamo avuto ad esempio il personaggio di Freeza associato a nuvolette di forma squadrata, in quanto personaggio cattivo.



Tuttavia il nostro discorso riguardo al perché Dragon Ball ci piace così tanto non si esaurisce qui. A  rendere la lettura di questo fumetto tanto piacevole contribuiscono anche le scritte stesse all'interno, di quelle nuvolette (e non solo); nonché quelle speciali scritte che molto contraddistinguono il media fumetto, ossia le onomatopee, su cui ci focalizzeremo col seguente articolo.


In questa nuova analisi andremo a vedere come Toriyama ha saputo usare con efficacia perfino questi elementi così fondamentali, talmente di base che potrebbero sembrare agli occhi del normale lettore solo e soltanto componenti di poca rilevanza, di mero decoro. Se tale è la vostra convinzione allora... BABABAM!, preparatevi a cambiare idea! State per scoprire il modo grazie al quale il Maestro giapponese ha saputo tenere incollata l'attenzione del proprio pubblico sulla sua opera più importante anche grazie alle proprie onomatopee!



Note prima di cominciare la lettura:

- Per una migliore fruizione dell'articolo si consiglia la visualizzazione tramite computer.
- Lì dove non diversamente indicato, le immagini fanno riferimento alla Perfect Edition giapponese.



 
Le onomatopee di Dragon Ball



- Introduzione

Cominciamo dunque specificando innanzitutto le onomatopee che cosa sono. Un'onomatopea secondo il dizionario Treccani è:

"[...] il modo di arricchimento delle capacità espressive della lingua mediante la creazione di elementi lessicali che vogliono suggerire acusticamente, con l’imitazione fonetica, l’oggetto o l’azione significata".

In parole povere è una scritta o un'emissione vocale che ha il fine di imitare un suono o suggerire un'azione.

Quindi:

  • Il cip cip degli uccelli è un'onomatopea.
  • Il brum brum di un autocarro è un'onomatopea.
  • Così come anche il tic toc di un orologio è un'onomatopea.


Nel media fumetto vengono utilizzate molto spesso, così tanto che ai più vien difficile pensarne a uno senza onomatopee, e la loro presenza aiuta a far immergere il lettore nel mondo immaginario creato dall'autore: un mondo non solo con le proprie forme ma anche con i propri suoni e le proprie dinamiche, senza cui non potrebbe essere definito tale.

E bene precisare però che le onomatopee sono convenzioni, ossia una sorta di accordo implicito tra autori e lettori. Infatti l'onomatopea è un segno grafico o un'emissione di voce che serve, a richiamare qualcos'altro; prendendo ad esempio il tic toc dell'orologio poc'anzi citato, lo strumento di misurazione non fa certamente così, ma è a questa convenzione che noi leghiamo il suono che l'oggetto fa veramente. In parole povere, leggiamo tic toc ma nella nostra mente riproduciamo il suono reale.

Queste convenzioni possono nascere anche nel momento esatto in cui il lettore posa gli occhi su un'onomatopea creativa, ossia su un'onomatopea inventata. Ciò che si vuol dire è che non sussiste l'obbligo di attenersi a un "dizionario delle onomatopee da tutti riconosciuto". Un fumettista infatti potrebbe ad esempio disegnare un treno che, per qualche motivo, invece di fare tram tram fa dram dram: seppur per antonomasia il treno per noi faccia tram tram, dato che l'onomatopea dram dram è associata all'illustrazione di una locomotiva, il lettore siglerà subito e con naturalezza questo accordo implicito con l'autore; la risultante è che, nonostante la novità, nella sua mente quella bizzarra onomatopea verrà comunque legata al suono tipico di un treno in moto, seppur un po' diversa. E ciò è molto probabile che lo porterà a domandarsi del perché di questa differenza, chiedendosi se sia davanti ad esempio a un elemento di caratterizzazione particolare.

Il fumetto italiano ha in gran numero importato le onomatopee dalla tradizione fumettistica anglosassone: esempi avanzabili sono il whish whish del vento o il boom di un'esplosione, caso quest'ultimo che è addirittura entrato nel lessico comune.

Anche il fumetto giapponese ha onomatopee di origine straniera, inglese e cinese nello specifico. Tuttavia attinge anche da una gigantesca (*1) tradizione propria. In giapponese uno dei nomi con i quali in genere le si chiamano è kakimoji (描き文字, ossia caratteri scritti/disegnati); un altro è onomatope (オノマトペ) e un altro ancora è gion (擬音, effetto sonoro/suono che imita). Ai fini del nostro discorso, ciò che ci è utile sapere come prima cosa è che ad esempio il cane per loro fa wan wan invece di bau bau..

"Uan": è con un abbaio che l'abate apre la ventunesima edizione del Torneo.
Da Dragon Ball Perfect Edition, Volume 3, pagina 93.

[Nota*1 - Secondo quanto riportato nelle note da Asuka Ozumi sul secondo volume di Manga Academica, la lingua giapponese conta più di duemila espressioni onomatopeiche, seconda giusto al coreano; secondo un'altra fonte citata sempre nelle note invece sarebbero addirittura quattromilacinquecento.]




In aggiunta, potrebbe sorprendere sapere che la lingua giapponese ha a disposizione classi di onomatopee da noi poco utilizzate, se non sconosciute e impensabili (almeno fino a qualche poco tempo fa).

Gli studiosi le hanno divise in diverse categorie, alcuni le riducono a tre altri che le portano a cinque. In ogni caso, nella loro totalità abbiamo:

  • Onomatopee relative alla natura e ai suoni in generale (parliamo di giongo, 擬音語).
  • Onomatopee che esprimono voci umane o i versi degli altri animali (parliamo di giseigo, 擬声語).
  • Onomatopee che esprimono stati d'animo o sensazioni; ad esempio, iraira, nervosisimo, irritazione (parliamo di gijougo, 擬情語).
  • Onomatopee che esprimono caratteristiche legate non al senso dell'udito e  relative a esseri animati; ad esempio, urouro, bighellonare, gironzolare (parliamo di giyougo, 擬容語).
  • Onomatopee che esprimono caratteristiche legate non al senso dell'udito e relative a esseri inanimati o parti del corpo di un essere animato; ad esempio, kirakira, scintillio (parliamo di gitaigo, 擬態語,).


Mettendola più in termini pratici, lì dove non siamo davanti ai classici miao miao o ding dong, in traduzione certe onomatopee giapponesi vengono in genere rese in italiano con verbi, avverbi, aggettivi, sostantivi e espressioni varie (*2).

[*Nota 2 - Sono possibili anche traduzioni creative o crude traslitterazioni. Alle volte vengono addirittura omesse. ]





Ciò appreso potrebbe sorgere una domanda: com'è possibile che ad esempio iraira, il nervosismo, abbia un suono per gli abitanti del Paese del Sol Levante?

La domanda è legittima, ma sorge sulla base di un equivoco. Questo perché comunemente il senso che diamo alla parola onomatopea è di rappresentazione o imitazione vocale di un suono. Una concezione tuttavia riduttiva. Infatti, se ci rifacciamo all'etimolgia della parola già scopriamo che:

"Onomatopèa (meno com. onomatopèia) s. f. [dal lat. tardo onomatopoeia, gr. ὀνοματοποιία, der. di ὀνοματοποιέω, comp. di ὄνομα -ατος «nome» e ποιέω «fare»"

Di conseguenza, secondo quella che è la mia interpretazione di questa definizione, un termine onomatopeico è una parola che io scrivo o dico nel tentativo (quindi faccio) di riprodurre qualcosa (quindi nome). Ovvero, qualsiasi cosa di cui ho un'idea, che può essere un suono o un concetto, se voglio posso esprimerla imitandola vocalmente o graficamente mediante dei segni, le onomatopee per l'appunto.

Le onomatopee sono allora da intendersi come segni o emissioni di voce fatti per imitare suoni, azioni (e il Treccani parlava non a caso anche di azioni), condizioni e stati d'animo. Tale concezione trova dunque così corrispondenza, ad esempio, sia con quella della categoria delle onomatopee giapponesi definita "parole che imitano i suoni" (giongo, 擬音語) sia con quella chiamata "parole che imitano una condizione" (gitaigo, 擬態語).


Di ciò tenuto conto, si potrebbero allora anche vedere le onomatopee che esprimono stati d'animo e condizioni come una sorta di "traduzione" in fonemi e grafemi umani di dati stati d'animo e date condizioni; traduzioni che rispondono a domande del tipo "Come farebbe ad esempio il sorriso se avesse parola?"


                 Niko, fa il sorriso di Chichi nella sua carroforma parlante!
Anche le onomatopee in Giappone dunque sorridono! (DB PE VL 12 PG 35


In aggiunta è importante sottolineare come in un fumetto o in un'illustrazione l'uso di onomatopee delle categorie gijougo, giyougo e gitaigo permettano di esaltare le rappresentazioni messe su carta: ciò perché un conto è quando un sorriso viene semplicemente disegnato e un altro è quando gli viene giustapposta la scritta "sorriso": questa è a tutti gli effetti una forma di evidenziazione (maggiormente enfatizzata se all'interno di una nuvoletta o realizzata in maniera particolare).







- Fuuu...sion! Unione di diversi sistemi

Come lecito aspettarsi, la maggior parte della produzione fumettistica giapponese è caratterizzata da avere in misura maggiore onomatopee figlie del loro sistema linguistico, ovvero in sillabogrammi, vale a dire le sillabe costitutive dei loro sillabari hiragana e katakana. Insomma, tra virgolette, "le lettere dei loro due alfabeti". Entrambi i kana, ossia i sillabari, possiedono gli stessi caratteri sillabici (ka ki ku ke ko, sa shi su se so, ecc); in forma scritta, l'uso di questa o quell'altra tipologia di sillabario dipende dal fine e dal contesto.

Sillabari a confronto: nelle caselle rosa le sillabe dello hiragana, in quelle grige del katakana.
Da: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Hiragana-Katakana-Romanization.JPG


In genere (non è una regola rigidissima) un'onomatopea che vuole esprimere più energia rispetto ad altre è scritta con sillabe del katakana, dalle linee più dure; alla lontana, questo uso intendetelo dunque come una sorta di grassetto. Oppure, di converso, un'onomatopea che vuole suggerire un senso di leggerezza è più probabile che venga scritta con sillabe dello hiragana, dalle linee più morbide. Quindi ci si può avvalere delle forme di questo o quell'altro sillabario per riprodurre questa o quell'altra cosa. .


All'agitazione di Kurilin è stata associata l'onomatopea doki doki (ドキドキ), con sillabe del katakana.
All'entusiasmo del pubblico invece dei waaa waaa (わー わー), con sillabe proprie dello hiragana.
Da Dragon Ball Perfect Edition, volume 3, pagina 94.


Inoltre un'onomatopea può essere sia scritta come si farebbe con una penna sia essere disegnata in modo da darle maggiore spessore, quasi un'idea di solidità. Questo uso disegnato potremmo allora anche, scherzosamente, intenderlo come una specie di super grassetto. 



Il bello delle onomatopee dragonballiane non inizia però tanto dalle onomatopee in giapponese, a prescindere sia siano scritte o disegnate. A mio parere inizia da un'altra tipologia di onomatopea: infatti, a differenza di tanti fumetti nipponici, Dragon Ball è contraddistinto anche dalla presenza di onomatopee scritte in caratteri alfabetici. Una delle particolarità dell'autore che gli ha permesso in occasione di un concorso di essere notato dal suo primo editor, Kazuhiko Torishima, e che l'ha portato poi alla pubblicazione e al successo mondiale.


In Dragon Ball di onomatopee in lettere latine se ne possono individuare almeno cinque categorie principali:

1) Onomatopee giapponesi ma scritte con lettere alfabetiche, come il "Bakokoko" nel capitolo uno, che è anche la prima onomatopea scritta in tal modo all'interno dell'opera.

2) Onomatopee non giapponesi per noi classiche come "Boom" e "Bash".

3) Onomatopee di derivazione straniera parzialmente creative, come ad esempio "Baoo..m!!".

4) Fusioni di onomatopee giapponesi e onomatopee straniere, come "Bako-Bakoom!" a pagina 127 del primo volume.

5) Onomatopee creative come "Boaaa...t", vale a dire boat, barca in inglese; questa la vediamo ad esempio la vediamo a fine capitolo 6 e inizio apitolo 7.



Secondariamente, possiamo individuare anche diverse sottoclassi, al cui interno possiamo inserire ad esempio onomatopee in rilievo, onomatopee con certi contorni, certi riempitivi, con vicino simboletti, ecc ecc.


Da Dragon Ball Perfect Edition, Volume 1, pagina 106.





Nell'opera le onomatopee in caratteri latini sono riscontrabili piuttosto spesso in situazioni particolarmente comiche (ma non sempre), oppure lì dove l'autore ha voluto mettere una sorta di speciale accento sulla rappresentazione associata, a prescindere se abbia connotati umoristici oppure no. Ci sono però pure casi che danno più l'impressione che l'utlizzo sia stato dipeso dal caso, o da qualche forma di ghiribizzo artistico.

Quale che fosse il motivo, secondo la mia opinione queste onomatopee in genere sono state usate per dare maggiore enfasi al disegno. Mi spiego subito.

Per dare risalto a una scena dove vediamo onomatopee con lettere alfabetiche, l'autore avrebbe anche potuto utilizzare i sillabogrammi del katakana: l'abbiamo detto, il loro uso è correlabile al nostro grassetto. Perché allora non l'ha fatto? Toriyama probabilmente non l'ha fatto perché credo fosse conscio del fatto che, in un flusso di onomatopee in sillabe giapponesi, o in una prospettiva per un nuovo lettore di leggere qualcosa con sole onomatopee giapponesi, l'inserimento di una con caratteri occidentali non avrebbe potuto far altro che farla staccare, farla emergere, da questo flusso.

Trovo quindi questo saltare all'occhio del lettore che fa sì che l'onomatopea venga enfatizzata, risultando di conseguenza essere una specie di "SUPER GRASSETTO DI SECONDO LIVELLO", potremmo anche dire sempre scherzando.

Di ciò tenuto conto, è inoltre interessante notare come nell'opera le onomatopee alfabetiche in relazione a una rappresentazione di stampo comico permettano piuttosto spesso di far sì di trasmettere al lettore un certo senso di estraniamento, il quale esalta la comica assurdità della scena a cui esse sono legate. Abbiamo dunque tal volta questa connessione: situazioni assurdamente divertenti, dunque estranianti perché sconvolgono la normale rappresentazione che si ha della realtà, e onomatopee scritte con caratteri stranieri, che in virtù di ciò sottolineano quel senso di estranietà.

Nel corso della narrazione, via via che i toni diventano più seri, assistiamo a una progressiva sparizione di queste onomatopee, che tanto avevano contriddistinto sia questo lavoro di Toriyama sia moltissimi dei precedenti. L'ultima onomatopea in lettere latine utilizzata nell'opera è quella a pagina 214 del volume 24, in cui all'azionamento di un pulsante della macchina del tempo da parte di Trunks segue l'onomatopea "BUN!", un equivalente di swish.

Interessante come tale messa da parte coincida, di sicuro per coincidenza, con il disegno di una messa da parte del macchinario.

Il perché dell'abbandono di queste onomatopee potrebbe risiedere nel fatto che 
forse vengono comunque percepite come aventi un "retrogusto" comico, o allegro; 
insomma, come non più molto coerenti con le nuove rappresentazioni.


Parlando invece più in generale di onomatopee dragonballiane, come detto fra le righe, esse sono per la maggior parte in sillabogrammi. Così scritte troviamo non solo onomatopee tipicamente giapponesi ma anche onomatopee di origine straniera, come ban ban (ovvero bang bang). Probabilmente ognuna è stata disegnata a mano, siccome dati i mezzi dell'epoca, certe dichiarazioni e la pragmaticità dell'autore ritengo che sia da escludere l'inserimento delle stesse tramite procedimenti digitali. Naturalmente il discorso lo si applica anche alle prime descritte onomatopee alfabetiche.


Partendo dall'alto, la prima onomatopea in Dragon Ball è quella curiosamente del verso del cucciolo di scimmia a inizio capitolo 1, il quale sorride verso Goku facendo kiki (キキッ); tale onomatopea è quindi inseribile nella categoria giseigo, che come abbiamo ivsto include i suoni delle voci umane e i versi degli altri animali.  (*3)


[*Nota 3 - Sono stato cauto nel dire che questa sia di sicuro la prima onomatopea individuabile in Dragon Ball. Di certo lo è partendo dall'alto, ma non in senso assoluto. Anche se penso che possa esserlo almeno per la maggior parte dei lettori. Infatti credo che i più, leggendo questa pagina, partano dalla didascalia e attraversino trasversalmente la tavola fino all'angolo sinistro inferiore. In questo tragitto la prima onomatopea che incontrerebbero è proprio kiki. Ma è indubbio che in un tipo di pagina così strutturata non è escluso che l'occhio possa anche seguire un percorso diverso, ad esempio focalizzandosi prima sull'onomatopea successiva, in quanto ad esempio colorata di giallo. E di conseguenza la cosa potrebbe dunque cambiare a seconda se la tavola sia in quadricomia o stampata in bianco e nero. ]



Riguardo questa onomatopea c'è un informazione interessante da conoscere, per chi non ha familiarità con la lingua giapponese: alla fine di quel kiki c'è un piccolo tsu, ossia un sokuon (促音). Uno degli utilizzi del sokuon è quello di indicare tramite tale carattere una consonante geminata, vale a dire il raddoppiamento consonantico della sillaba che precede. Posto però alla fine di una parola o di una frase il sokuon assolve a un altro ruolo, ovvero quello di dare a quella parola o a quella frase un senso di "blocco repentino". Interruzione che può avere connotazioni di vario tipo, lo troviamo ad esempio in battute dette con rabbia, o cariche di sorpresa.

A seguire, subito dopo, inserita in una carroforma parlante colorata di viola notiamo ripetuta, in giallo, l'onomatopea  goron (ゴロン), che è associata agli oggetti che rotolano, in questo caso il tronco tagliato su cui è il protagonista.

Kiki e Goron-goron sono le prime onomatopee comparse nell'opera.






- Le onomatopee, se ben disegnate... sono più efficaci!


Al di là se in sillabogrammi o in lettere, il Maestro Toriyama di onomatopee ne ha utilizzate diverse tipologie, giocando in generale efficacemente con forme, dimensioni, collocazione, posizione, riempimento, contorni, effetti grafici vari come linee cinetiche e ombreggiature e perfino con l'inserimento in combinazione all'interno di una stessa vignetta di onomatopee in hiragana e katakana, o di onomatopee di differenti colorazioni.

E le troviamo all'interno dei recinti delle vignette, strabordanti oltre tale confine, vicine ai personaggi, comprese in segni grafici diversi e anche dentro le carroforme (a riguardo di quest'ultimo utilizzo, come scritto nel precedente articolo, ipotizzo che l'inserimento di onomatopee all'interno di nuvolette serva a dare enfasi ad esempio a un'azione o un'espressione facciale).

Tutto questo, nella stragrande maggioranza dei casi... non a caso! Quanto detto nei precedenti articoli lo si applica anche al discorso onomatopee. È infatti possibile evincerne l'intelligente adoperamento, nonché plasmazione, esaminando esempi come i seguenti qui proposti.

Per iniziare prendiamo a riferimento questa vignetta.





Presente anch'essa all'interno del capitolo 1, vediamo Bulma sterzare nel tentativo di non investire Goku. L'efficacia di questa rappresentazione non sta solo nel come Toriyama ha disegnato il maniera espressiva i due personaggi e come ha ben utilizzato segni grafici vari quali linee cinetiche e simboli. Sta anche nel come il Maestro ha disegnato l'onomatopea  kikikikiii (キーッ), ossia quella che in giapponese è associata a una frenata brusca. E che cosa possiamo notare?

Tenendo in conto che nelle immagini di comparazione qui sotto le versioni in basso sono quelle da me modificate, possiamo notare tali caratteristiche:


1) L'onomatopea è stata disegnata grande piuttosto che piccola, per dare al lettore l'idea "dell'alto volume" prodotto dalla frenata improvvisa. Infatti nel media fumetto, in relazione al contesto disegnato intorno, quanto più grande è la dimensione di un'onomatopea più grande è la grandezza del suono che essa vuol suggerire (facendo una similitudine, ciò accade anche su Internet: chi scrive in maiuscolo è visto come uno che grida).






2) L'onomatopea è stata disegnata in lungo, per suggerire al lettore che è durata nel tempo un po' di secondi. Ricordate, fra le varie cose, cosa ci siamo detti nell'articolo precedente? Nel fumetto vige il principio per cui distanza = tempo. In altre parole, disegnandola così lunga, quasi della stessa lunghezza della vignetta in cui si trova, Toriyama ha voluto dire che la frenata dell'autovettura non è durata un attimo ma qualche secondo.






3) Il segno che in giapponese sta per il prolungamento vocalico () è stato alterato nella forma, facendolo somigliare a una esse, al fine di trasmettere al lettore l'idea che la frenata messa in atto da Bulma sia stata non solo inaspettata ma anche difficoltosa: ci lascia infatti immaginare che abbia sterzato almeno una volta, sia per evitare Goku sia per mantenere il controllo del veicolo.






4) L'onomatopea, seguendo il senso di lettura giapponese, non si ferma in corrispondenza dell'auto della ragazza ma va oltre, superando la perpendicolare immaginabile che si può tracciare partendo dal corpo di Goku. In termini pratici è come se l'onomatopea, dunque il suono della frenata, avesse comunque investito il ragazzino e fosse andato addirittura al di là della sua figura.






Riassumendo, giocando dunque anche con le dimensioni, la posizione e la forma dell'onomatopea, per niente dunque mero elemento di riempimento ma parte funzionalmente intrinseca e non superflua della rappresentazione, Toriyama ha comunicato al lettore che:

  • La frenata ha spaventato Goku, e questo anche a causa dell'alto volume prodotto ruote inchiodate. L'alto volume fa sì inoltre che la scena risulti più spettacolare e coinvolgente per il lettore.
  • Goku è rimasto di sasso per qualche manciata di attimi prima di trovarsi davanti al naso l'automobile di Bulma, cosa a lui sconosciuta.
  • Bulma è riuscita a fermarsi in tempo ma il suono della frenata è come se figurativamente avesse comunque investito il piccolo marzialista, doppiamente quindi colpito non solo dalla stranezza dell'apparizione ma anche dal suono da essa prodotta.

Se l'autore avesse fatto diversamente, come veniva veniva, non avrebbe prodotto tali risultati, minando di conseguenza all'efficacia dell' intera sequenza disegnata.





Vediamo ora un altro interessante esempio, sempre tratto dal capitolo 1.


Volo in moto!
Da Dragon Ball Perfect Edition, volume 1, pagina 33.


Anche in questo caso, Toriyama ha ben saputo giocare con dimensioni, forma e posizione delle onomatopee.

Innanzitutto vediamo come nella prima vignetta l'onomatopea è stata disegnata in grande, ciò ad indicare "l'alto volume" del rumore del motore (ヴオン, vuon). Notiamo poi come abbia i lati un po' frastagliati, come a mimare il senso di tremore tipico della messa in moto di un macchinario. Inoltre essa è stata posizionata di fronte al motociclo guidato da Goku così da, insieme a un'altra caratteristica della sua forma, cioè di essere leggermente curvata, poter dare presumibilmente un senso di spostamento dell'aria da parte del corpo in moto; nonché di impennata, dato che l'onomatopea si sviluppa congiungendo due punti, il primo quello della posizione della ruota se fosse stata ancora a terra e il secondo quella della proiezione della direzione verso cui la ruota anteriore sta andando.

Nella seconda vignetta il veicolo schizza a una velocità pazzesca, e questo lo possiamo desumere da tre fattori: il primo è che il corpo dell'automezzo è stato posizionato vicino alla parte finale della vignetta, dunque il nostro occhio interpreta la scena in questa maniera: se non vedo la moto ad inizio vignetta ma verso la sua fine, allora vuol dire che essa è andata così tanto veloce che sono riuscito a percepirla solo quando ormai lontana da me, e in un momento successivo a quando "mi è passata davanti".

Invero, secondo il grafologo Max Pulver, su un piano rappresentativo bidimensionale l'inclinazione dei segni di una scrittura possono suggerire la propensione dello scrivente a essere portato verso il futuro o restii ad andare verso di esso: se la scrittura procede come a voler frenare e tirarsi indietro, allora lo scrivente potrebbe avere una mentalità con ancoraggi verso il passato, mentre se è inclinata nel senso opposto allora potrebbe avere propensioni verso il domani. Questo se si è destri di mano e se il proprio sistema di scrittura è da sinistra verso destra. Lo stesso concetto lo si può applicare similmente nel media fumetto: quello che sta a sinistra viene prima, quello che sta a destra viene dopo. Nel fumetto giapponese funziona al contrario, dato che al contrario è il senso di lettura.


La sensazione di velocità viene poi enfatizzata dal secondo fattore, l'onomatopea, disegnata non soltanto di lungo ma anche in prospettiva, ossia più grande nella sua parte a destra e più piccola nella sua parte a sinistra: questo accresce il senso di allontanamento e repentinità. Inoltre, anche questa è stata disegnata non in piccolo, per suggerire ancora una volta l'alto volume del motore, che sono un mezzo a tutta velocità potrebbe produrre.

La terza onomatopea è stata poi così disegnata probabilmente per questi motivi:

A) Per occupare uno spazio vuoto che altrimenti sarebbe rimasto e che avrebbe inficiato sull'equilibrio grafico generale della tavola.

B) Per sottolineare il senso di salto che l'onomatopea vuol suggerire (da noi è stata tradotta con zump), tant'è che presenta dei contorni quasi "gommosi".

C) Per dare enfasi, come facendo per sollevarla, all'azione rappresentata, ovvero la moto guidata da Goku che va verso l'alto.


Circa le tre onomatopee in questa tavola possiamo dire un'altra cosa interessante, ossia notare la loro collocazione: non sono all'interno delle vignette, ma strabordano fuori. Questo è tipico dei fumetti: gli autori utilizzano infatti questo espediente per dare l'idea che qualcosa vada oltre qualcos'altro (ad esempio sfondando, rimbalzando, ecc). Varie sono qui le possibili interpretazioni: il suono del veicolo, o la sorpresa e l'eccitazione del protagonista in relazione al suo sentire o della velocità della vettura a due ruote.

In tal senso gioca anche l'effetto di ombreggiatura posto sotto la seconda onomatopea, che non solo così viene maggiormente notata ma dà anche una sorta di idea di più fisicità della rappresentazione: insomma, come a dire che davvero, Goku è in sella a una motocicletta che corre imbizzarrita. L'effetto in tre dimensioni simulata inoltre non può che rendere al lettore la scena più spettacolare, quasi come se uscisse fuori dal piano bidimensionale della tavola.

Circa tale aspetto, qui sotto altri utilizzi.

BABON! Goku scaglia la sua prima Kamehameha! (DB PE VL 2 PG 8)
L'onomatopea è come se fosse rimbalzata fuori dalla vignetta per via della forza del colpo. 
GAN! Anche qui, il suono del colpo rimbalza oltre la vignetta! (DB PE VL 2 PG 45)






Proseguendo a parlare di collocazione invece, vorrei portare adesso all'attenzione questi esempi. Il primo, una tavola tratta da pagina 93 del volume 10, in cui vediamo Goku contro Tambourine.




Ciò che balza sicuramente all'occhio credo sia innanzitutto la seconda vignetta, in cui il nostro eroe dà una gomitata al demone. La forza del colpo è suggerita non solo dalle dimensioni dell'onomatopea baki (バキッ, ossia crash o bam) ma anche dai suoi contorni tratteggiati, atti a trasmettere un senso di vibrazione, un po' come se si fosse dato un colpo a una campana. Ed è curioso poi notare come l'onomatopea sia spezzata in due parti, probabilmente perché Goku ha attaccato in maniera fracassante (con una potenza da rompere le ossa, e ciò sarebbe coerente col significato di baki); oppure perché è come se avesse affondato la gomitata individuando un'apertura nella guarda dell'avversario, simboleggiata dalle due parti dell'onomatopea, che si è come separata.

Interpretazioni e osservazioni di contorno a parte, ciò su cui mi volevo soffermare è in realtà la prima vignetta: Goku, cercando di confondere l'avversario, salta e si muove velocemente intorno all'orrida creatura. Gli シュシュ (shushu) sullo sfondo, ossia le onomatopee associate a questi rapidi spostamenti, sono state collocate in secondo piano rispetto alle battute cariche di sorpresa di Tambourine. Anche in tal caso... non a caso! Analizziamola facendo i paragoni (anche qui, la versione sotto è quella modificata):





Toriyama mettendo in secondo piano l'effetto sonoro degli spostamenti ha voluto mettere in risalto le battute di sorpresa dell'antagonista ("Che...! Che cosa?!?", è quello che dice). Se avesse fatto come nella vignetta modificata, mettendo cioè in primo piano le onomatopee, le sue esternazioni stupefatte avrebbero perso di efficacia, in quanto l'attenzione del lettore sarebbe stata portata principalmente sull'effetto sonoro. Effetto sonoro che non solo così posto avrebbe coperto i veloci balzi di Goku ma avrebbe anche inficiato sulla efficacia visivo-narrativa della gomitata che segue, e questo in quanto elemento di disturbo posto proprio nel bel mezzo di una sequenza in cui non apporta alcun valore aggiunto, anzi.


Parlando di onomatopee in secondo piano, non si può non trattare di quelle utilizzate come riempitive di sfondo. Proprio come quella che tappezza una vignetta di pagina 16 del volume 2, in cui Ulong prende in giro Muten prospettandogli il paradisiaco paff paff.

Paff paff che è un'onomatopea associabile all'azione di tenere con le mani... il seno di una donna e porre la propria testa nel loro mezzo. L'idea della cosa ha così totalmente riempito i pensieri del nostro maestro che i tanti paff paff disegnati dietro le due figure stanno a mio avviso a rappresentare esattamente ciò: nella capoccia del Vecchio Eremita (la vignetta) in quel momento non c'è altro che quello!

Everybody is in a paff paff paff...! ♪ 






Col prossimo esempio ci focalizzeremo unicamente sulla forma.

A pagina 9 del volume 5 c'è questa sequenza in cui il ninja Murasaki lancia contro Goku delle shuriken (手裏剣), ossia delle lame rotanti nipponiche spesso rappresentate nella loro variante a croce, che qui vediamo. In quanto lame rotanti durante il lancio girano intorno all'asse immaginario che passa al loro centro, perpendicolarmente. Il loro è dunque un movimento circolare.





Nella prima vignetta in alto in questa immagine di comparazione, vediamo quella originale di Toriyama. Al lancio degli shuriken ha associato l'onomatopea shurururu (しゅるる), che è in genere connessa ad azioni ad andatura serpeggianti o a spirale. A spirale, dunque per estensione a cerchio, proprio come è il moto tipico delle shuriken. E come ha disegnato le sillabe ru (る) del sillabario hiragana che compongono l'effetto sonoro shurururu? Proprio rispettando la tipica forma simil spirale della sillaba, cosa questa che è coerente col tipo di moto proprio delle lame rotanti.

Dunque la fattezza dell'onomatopea, che potrebbe essere un qualcosa di irrilevante, ha in realtà reso più efficace la rappresentazione del lancio, descrivendolo meglio. Per averne conferma è sufficiente paragonare il disegno originale con il fotomontaggio, in cui shurururu è sì sempre scritto con sillabe dello hiragana ma in uno stile diverso, più ad angoli acuti. Inoltre c'è da evidenziare come la scelta di utilizzare le sillabe di questo sillabario non sia stato sicuramente frutto del caso, in quanto contraddistinte da forme più morbide, più a curve, rispetto a quelle del katakana. E quindi, più in armonia con la rappresentazione, un disegno in cui vediamo lame rotanti circolari, che sono leggere e che fanno poco rumore, e che durante il lancio addirittura curvano.


Un altro esempio sulla forma: a voci diverse, Toriyama ha associato onomatopee realizzate in maniera differente: 
alcune in katakanaaltre in hiragana, alcune come scritte a penna e altre come scritte col pennarello a punta spessa. (Da Dragon Ball, Volume 13, pagina 36).




Concludiamo il discorso forme notando come, con il proseguire dell'opera, è possibile assistere una tendenza all'appiattimento della fantasia delle forme delle onomatopee utilizzate. Se all'inizio era riscontrabile una notevole varietà, non si può dire lo stesso più in là nei volumi, dove vediamo più spesso onomatopee squadrate e frastagiate nei bordi: coerenti  sì con le rappresentazioni che accompagnano e comunque efficaci, ma un po' banali nel lungo andare.

A sinistra, pagina 48 del volume 1 della Dragon Ball Perfect Edition. A destra pagina 24 del volume 34, stessa edizione.






Passiamo ora a parlare di posizionamento in relazione all'efficacia narrativa, con questa immagine di comparazione con oggetto pagina 64 del volume 5: a sinistra l'originale a destra la modificata. Nella scena rappresentata nella parte nera in alto, vediamo Goku e l'umano artificiale N°8 cadere da una botola della Muscle Tower.






L'onomatopea di fianco ai due personaggi rappresenta il grido di Goku. È un uwaaaa che parte dalla botola e arriva al bordo inferiore della vignetta. Notiamo innanzitutto che è stata disegnata in lungo, praticamente in parallelo al bordo destro, col fine di rappresentare il moto di caduta dei due personaggi. La prospettiva, ossia il fatto che la sillaba u sia più piccola (う) e il sokuon finale più grande, contribuisce a suggerire al lettore non solo un senso di certa velocità ma proprio a dare anche il senso di distanza, ossia a fargli considerre che la misura dal punto in cui la caduta è cominciata e il punto in cui Goku si trova rappresentato a mezz'aria è di un bel po' di metri . In parole povere, grazie a questi elementi il lettore capisce che Goku è in caduta libera in uno spazio che non ha ancora tutto attraversato. Se l'onomatopea fosse stata disegnata diversamente, come nel fotomontaggio, l'effetto sarebbe stato diverso, avrebbe dato alito ad altre interpretazioni. E non avrebbe condotto il lettore lungo la zeta di lettura ideale che qualsiasi autore di fumetti dovrebbe rispettare durante la composizione della tavola.

Questo aspetto lo approfondiremo in uno dei prossimi capitoli, per il momento basta sapere che secondo una regola di composizione visiva, è consigliato che in un fumetto la disposizione degli elementi principali rappresentati è bene che segua, gravitando intornouna zeta immaginaria che procede a zig zag da striscia a striscia. O una zeta specchiata, nel caso dei fumetti giapponesi. Questo per rendere la lettura più facile e scorrevole (*4).

[*Nota 4 - Una tavola di fumetto può risultare leggibile anche se non rispetta alla perfezione questo principio. Lo si vede spesso nei fumetti giapponesi per ragazze, dove si incontrano spesso tavole scorrevoli ma il cui senso di composizione non gravita intorno a una zeta immaginaria, ma ad esempio intorno a una esse.]



La zeta immaginaria nell'esempio a seguire è stata colorata di azzurro. Nel fotomontaggio possiamo osservare che questa zeta disegnata dai nostri occhi segue un altro percorso, rappresentato in rosso e giallo. Parte sempre dalla carroforma contenente il riassunto della parte precedente per giungere verso la fine della prima vignetta ma poi punta e arriva lì dove ci sono Goku e l'onomatopea, il gruppo grafico visivamente più rilevante della vignetta successiva. A questo punto l'occhio può fare due cose: 1) potrebbe andare sopra per capire perché Goku stia cadendo, vede N°8 e la botola per poi tornare da dove era partita e proseguire fino alla vignetta finale, 2) potrebbe addirittura andare direttamente sulla vignetta finale.

Dunque la modifica della posizione dell'onomatopea rivela come essa renda la lettura della tavola meno facile, rispetto a come era in originale. Inoltre la modifica lascia un enorme "spazio vuoto" in alto, che altera l'equilibrio visivo generale della pagina.

Nota prima di proseguire, il prolungamento vocalico potrebbe essere stato disegnato non rettilineo secondo me per due ragioni: la prima, per non dare alla scena eccessiva velocità; la seconda, per dare l'idea che la caduta non sia stata totalmente di peso, che ci siano stati dei movimenti.







Giungiamo agli ultimi esempi di cui voglio trattare, focalizzandoci sul fattore riempimento. Nell' immagine comparativa seguente, a sinistra sempre l'originale e a destra il fotomontaggio. Nell'esempio ora proposto vorrei portare la vostra attenzione sulle caratteristiche riempitive di un'onomatopea, ossia come sono colorate o decorate. Analogamente ad altri elementi della tavola, per la buona riusciuta di un fumetto è necessario infatti dare importanza anche a tali caratteristiche.

Perché ad esempio un'onomatopea bianca su sfondo bianco verrà probabilmente ignorata dal lettore, mentre un'onomatopea con un colore o un motivo contrastante produrrà l'effetto opposto. E dato che un mondo senza suoni è un mondo meno coinvolgente, così un fumetto con onomatopee che non si notano o che si notano poco è un fumetto, leggasi mondo immaginario, meno coinvolgente anch'esso.

Toriyama nel corso dell'opera ben ha saputo utilizzare in maniera efficace le onomatopee giocando anche con il loro riempimento. Nella seguente tavola presa dal volume 2, pagina 111, tanto le onomatopee nella seconda vignetta tanto quella nella terza si staccano con efficacia da ciò che c'è dietro di loro: dall'aereo in fase di accesione e dallo scuro cielo di notte. Questo facendo contrastare, nel primo caso, le onomatopee colorate a posta di nero con una vignetta in prevalenza bianca, e nel secondo facendo contrastare l'onomatopea colorata di bianco dallo sfondo tinto di nero.




In Dragon Ball è possibile vedere anche altre forme di riempimento delle onomatopee, come questa a pagina 100 del volume 1. Al di là del fatto che l'onomatopea bahyuuu (ばひゅ), in genere associata al lancio di qualcosa di veloce come un missile, segua evidenziandola la scia della nuvola d'oro, vediamo che essa è stata decorata con un retino. I retini, per chi non conosce gli strumenti del fumetto, è un tipo di pellicola decorativa applicabile sui disegni; di solito, sfruttando la distanza tra i pallini o le stelline che li compongono, viene utilizzato per simulare i toni di grigio in previsione di una stampa in bianco e nero.







Nel prossimo caso vediamo invece come il fumettista di Dragon Ball abbia colorato in maniera alternata le onomatopee che stanno per il forte battito di cuore di Goku (dokun dokun, ドックン) all'inizio della sua trasformazione in Grande Scimmia.

Le vediamo innanzitutto colorate di bianche. Poi, nella pagina successiva, passano ad colorate ora di bianco ora di grigio (o per meglio dire retinate). Bianco, grigio, bianco, grigio, bianco, grigio... proprio come a voler rappresentazione tramite i colori un senso di "oscillazione", uno stato di approntamento del corpo che dalla forma base si prepara per la trasformazione in quella mostruosa.

Nella seconda vignetta le onomatopee del battito cardiaco sono invece nere e più piccole. E differenza di prima fanno don don (ドンドン), suono associato in generale ai battiti, spesso piuttosto rapidi. Qui sono nere e più piccole perché a mio parere assolvono al semplice ruolo di effetto sonoro di fondo, per far concentrare l'attenzione del lettore sulle più importanti reazioni degli altri personaggi: infatti neri sono i vestiti e i capelli di Goku, e la loro vicinanza ad essi li fa apparire nel complesso quasi come un'unità visiva.

Nella terza il vignetta il don don aumenta di dimensioni, quindi il volume del battito è stato alzato dall'autore, e vediamo soltanto onomatopee in grigio: il corpo del ragazzino è adesso pronto per la metamorfosi in scimmione!


Dragon Ball Perfect Edition, volume 2, pagina 100.




Dulcis in fundo, terminiamo questa carrellata con la descrizione di alcune onomatopee curiose. La prima di queste, una della tipologia con decorazioni, che si può vedere a pagina 154 del volume secondo.Yamcha e Bulma si guardano e i loro cuori battono: l'onomatopea rappresentata, doki (ドキッ), è stata modificata in maniera divertente: infatti al posto dei classici trattini che indicano che la sillaba to è da leggersi do (ト= to eド=do), ci sono due simboletti a cuore, che servono non soltanto ad evidenziare l'onomatopea ma anche a specificare di che tipo di batticuore si tratta.






La seconda è invece più che curiosa, è davvero singolare, e questo perché non è riempita non di nero, non di qualche motivo, non è lasciata in bianco... ma risulta come "trasparente"!.

Infatti nella terza vignetta di pagina 205 del volume 34, all'interno del penultimo capitolo dell'opera, alle spalle di Mr. Satan è stata disegnata un'onomatopea che dà proprio l'idea di essere trasparente, come se fosse di vetro. Tant'è che vediamo la sottoposizione di linee cinetiche.

Gaaan (ガーン), onomatopea assimilabile la nostro bam: Mr Satan è stato "colpito" dalla notizia datagli da Goku!





- Le onomatopee di Dragon Ball nelle edizioni italiane


Nelle edizioni italiane del fumetto che si sono seguite nel corso degli anni, le onomatopee hanno ricevuto da parte del personale editoriale di Star Comics trattamenti diversi. In ogni caso in nessuna edizione (purtroppo) abbiamo avuto le onomatopee così come originariamente scritte e disegnate dall'autore.

Un peccato, anche perché abbiamo visto come le onomatopee siano uno degli elementi d'efficacia narrativa caratterizzanti l'opera, ma nelle edizioni italiane abbiamo assistito a una loro alterazione.

Certo, questo per motivi di localizzazione, tuttavia è innegabile che modificandole il lettore riceva un'impressione differente rispetto a quelle che danno le originali, indebolendone dunque tra l'altro in diversi casi l'efficacia comunicativa. In un'ottica di fedeltà sarebbe allora necessaria una nuova edizione, al fine di permettere agli appassionati di godere di una versione del fumetto più vicina a quella creata dall'autore. E che quindi possa risultare più emozionante e divertente.

Si potrebbe obiettare però che così facendo la lettura diverebbe difficoltosa, perché non tutti conoscono la lingua giapponese. Obietto da anni a mia volta questa considerazione, per due motivi:

1) Perché in piccolo verrebbero comunque affiancate le traduzioni delle onomatopee, come fatto nella nuova edizione di Dr. Slump.

2) Ragione più importante, perché caratteristiche come forma e dimensioni sono già di per loro attributi comunicativi, risultando dunque di universale comprensione.



Di Dragon Ball in Italia abbiamo avuto nella sostanza due traduzioni. La primissima è quella che possiamo leggere con l'edizione sottiletta azzurra, ripresa poi nella Deluxe e nella coppia New e Book. Questa traduzione nella (IM)Perfect Edition è stata leggermente rivista e corretta, ma non siamo davanti ad una nuova vera e propria. Successivamente abbiamo avuto una traduzione riveduta e corretta con la Evergreen, quella con grafica bianca e verde, che tiene però comunque a riferimento la precedente (tant'è che alcuni testi sono stati mantenuti) e che è la trasposizione italiana dell'ultima edizione in volumetti pubblicata in Giappone dell'opera originale. S'intende, quella in bianco e nero e con finale classico.

Abbiamo dunque fondamentalmente una traduzione Pre-Evergreen e una traduzione Post-Evergreen.

Così come diverse sono queste traduzioni, diverse sono state le lavorazioni riguardo le onomatopee.

Nelle edizioni Pre-Evergreen abbiamo avuto sia modifiche leggere, come semplici cambi grafici o la sostituzione di onomatopee come "smile" con battute abbastanza equipollenti tipo "eheh", sia modifiche più pesanti, dove ad esempio se in giapponese il senso era uno in italiano ne abbiamo avuto un altro. Ciò nonostante è possibile spezzare una lancia per quel che concerne la grafica: sebbene alcune prese di libertà un po' eccessive, sono abbastanza coerenti a livello aspettuale con le rappresentazioni originali di Toriyama.

Un qualcosa che invece non è accaduto nella più fedeli edizioni Post-Evergreen. Infatti, sebbene siano nei testi le edizioni più vicine all'originale, a livello di onomatopee abbiamo avuto un certo e generale appiattimento grafico rispetto al lavoro svolto con le precedenti. Inoltre, se nelle fasi iniziali del fumetto le onomatopee erano aspettualmente coerenti con i disegni, poi diventano piuttosto incoerenti con le raffigurazioni dei capitoli successivi all'arco del Red Ribbon: rimangono tutto sommato gradevoli da guardare, ma con le loro forme tonde cozzano alquanto con i toni sempre più seri che via via che la storia assume.



Da Dragon Ball New Edition N° 25, pagine 8 e 9.


Da Dragon Ball Evergreen Edition N°25, pagine 10 e 11



Un trattamento diverso è possibile vedere nell'edizione italiana della Full Color, la versione totalmente a colori di Dragon Ball. Questa possiede in sostanza la traduzione Evergreen, con alcuni piccoli cambiamenti già apportati nell'edizione Gazzetta (non è il nome ufficiale, ma così è conosciuta dai fan). Tuttavia molte onomatopee sono state modificate, questo nel carattere utilizzato, nel posizionamento e nell'orientamento. E per quel che concerne specificamente l'aspetto, simile a quello delle onomatopee della (IM)Perfect Edition, risultano con questa edizione più in linea con quelle visibili nelle tavole originali.

Per le comparazioni, qui una mia videorecensione risalente al 2012/2013 di alcuni numeri dell'edizione giapponese, e a seguire anche  una recensione di "Dragon Ball - Canale Italiano".












- Conclusioni


Akira Toriyama, ahimé, viene alle volte ancora sottovalutato sia da certi lettori sia da certi professionisti del settore. Utilizzando spiegazioni ed evidenze, con questi articoli è allora mia speranza non solo far conoscere agli appassionati di Dragon Ball gli aspetti più tecnici dell'opera, ma anche tentare di convincere quei più duri oppositori che le loro idee sul Maestro sono quanto meno da riformulare.

Questo ho cominciato a farlo già in Novembre 2017, con un intervento introduttivo a Lucca (poi riproposto in forma di articolo); successivamente ho proseguito con l'articolo pubblicato in Ottobre 2019, in cui più nello specifico ho parlato delle nuvolette. Già in questo avevo sottolineato come l'efficacia narrativa di Dragon Ball stia in aspetti poco considerati dai più, tuttavia di natura fondamentale come sono per l'appunto le nuvolette. Con lo scritto di oggi ci siamo soffermati invece sulle onomatopee, altro elemento di base di un fumetto, la cui analisi era imprescindibile per poter capire perché Dragon Ball piaccia così tanto a noi lettori.

Per ogni cosa c'è infatti sempre un perché!

E dunque con forma, dimensioni, posizione... abbiamo visto come gestendo queste caratteristiche di un'onomatopea è possibile per un autore di fumetti rendere quanto raccontato più esaltante e coinvolgente. E dire che sembrano solo meri effetti sonori... Toriyama è stato quindi un Maestro anche in questo!


Il prossimo articolo verterà invece sui testi di Dragon Ball, ovvero ci focalizzeremo su cose come titoli e battute. E anche in quello non mancheranno raffronti tra l'originale e le edizioni italiane che abbiamo avuto.


Grazie se avete letto fino in fondo e alla prossima parte!




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Dragon Ball come manuale di fumetto è una serie di articoli. Questa che hai appena finito di leggere è la seconda parte, qui a seguire i collegamenti alle restanti finora pubblicate:



- Dragon Ball come manuale di fumetto #4: i dialoghi



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Bibliografia in lingue occidentali:


A.V. (2009) Manga Academica Volume 2. San Marco Evangelista: Società Editrice La Torre

BANNO E., IKEDA Y., OHNO Y., SHINAGAWA C e TAKAHASHI K. (2013) Genki - An Integrated Course in elementary Japanese. Tokyo: The Japan Times.

BARBIERI D. (2017) Semiotica del fumetto. Roma: Carocci Editore.

DE MAIO S., NEGRI C., OUE J. (2011) Corso di lingua giapponese - Volume 1. Milano: Editore Ulrico Hoepli.

EISNER W. (2008) Will Eisner Comics and Sequential Art. New York - London: W.W. Norton.

KARDY G. e HATTORI C. (2007) Kana de Manga Special Edition - Japanese Sound FX. Kawaguchi: Japanime Co. Ltd

MASTRANGELO M., OZAWA N. e SAITO M. (2006) Grammatica Giapponese - 日本語文法. Milano:  Editore Ulrico Hoepli

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POLIDORO P. (2008) Che cos'è la semiotica visiva. Roma: Carocci Editore.

POSOCCO C. (2005) MangArt - Forme estetiche e linguaggio del fumetto giapponese. Milano: Costa & Nolan.

ROUSMANIERE N. C., MATSUBA R. (2019) The citi exhibition Manga. London: Thames & Hudson Ltd.

SANTARELLI S. (2017) Raccontare a fumetti - Il linguaggio dei comics dall'idea al disegno. Roma: Dino Audino Editore.

MCLOUD SCOTT (2013) Il libro del fumetto. Torino: Pavesio Editore.

TORIYAMA A. (1995) Dragon Ball. Bosco (PG): Edizioni Star Comics.

TORIYAMA A. (1998) Dragon Ball - Deluxe Edition. Bosco (PG): Edizioni Star Comics.

TORIYAMA A. (2002) Dragon Ball - New Edition e Book Edition. Bosco (PG): Edizioni Star Comics.

TORIYAMA A. (2006) Dragon Ball - Perfect Edition. Bosco (PG): Edizioni Star Comics.

TORIYAMA A. (2011) Dragon Ball - Evergreen Edition. Bosco (PG): Edizioni Star Comics.

TORIYAMA A. (2016) Io sono Dragon Ball. Segrate (MI): Mondadori Editore.

TORIYAMA A. (2017) Dragon Ball - Edizione in collaborazione con "Gazzetta dello Sport" e "Corriere della Sera". Bosco (PG): Edizioni Star Comics.

TORIYAMA A. (2018) Io sono Dragon Ball (Collana Oscar Ink). Segrate (MI): Mondadori Editore.

TORIYAMA A. (2018) Dragon Ball - Full Color Edition. Bosco (PG): Edizioni Star Comics.



Bigliografia in lingua giapponese:

TORIYAMA AKIRA 鳥山明 (2002) ドラゴンボール - 完全版 Doragon Bōru - Kanzenban (Dragon Ball - Edizione Perfetta). 東京Tōkyō: 集英社 Shūeisha.

TORIYAMA AKIRA 鳥山明 (2009) ドラゴンボール - 単行本 Doragon Bōru - Tankōbon (Dragon Ball - volumi separati). 東京Tōkyō: 集英社 Shūeisha.



Sitografia


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TOFOGU.COM (2015). Japanese Onomatopoeia: The Definitive Guide - Everything and anything there is to know about those weird sounds you keep hearing (Onomatopee giapponesi: la guida definitiva - tutto e di più su ciò che c'è da sapere sugli strani suoni che continui a sentire). Disponibile da: https://www.tofugu.com/japanese/japanese-onomatopoeia/ [consultato il 22 aprile 2020]

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ZACCONI VALERIA, CONSULENZEINGRAFOLOGIA.IT (2012). Simbolismo del campo grafico: il foglio bianco, il nostro ambiente (I/IV). Disponibile da: http://consulenzeingrafologia.it/simbolismo-del-campo-grafico-il-foglio-bianco-il-nostro-ambiente-iiii/ [consultato il 30 aprile 2020]





Banca dati


THE JADED NETWORK.COM, Sezione SFX. Disponibile da: http://thejadednetwork.com/sfx/
Consultato tra il 28 aprile 2020 e il 12 maggio 2020, nello specifico:


http://thejadednetwork.com/sfx/browse/bako/ 
(28/4/2020)

http://thejadednetwork.com/sfx/browse/goron_goron/
http://thejadednetwork.com/sfx/browse/kiki-/
http://thejadednetwork.com/sfx/browse/niko_niko/
http://thejadednetwork.com/sfx/browse/baki/
(30/4/2020)

http://thejadednetwork.com/sfx/browse/shururu/
http://thejadednetwork.com/sfx/browse/dokkun/
http://thejadednetwork.com/sfx/browse/don_don/
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(3/5/2020)

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TILLAMIZU (2020), Dragon Ball come manuale di fumetto - Le onomatopee. Disponibile da/Avalaible from:https://tillamizu.blogspot.com/2020/05/le-onomatopee-di-dragon-ball.html [consultato il/accessed on - inserire data/insert date - ]